giovedì 18 dicembre 2014

Un giorno di lutto per il cinema italiano

                                                                                                               



Da  poche ore, proprio negli ultimi giorni dell’anno, se n’è andata un’altra grande attrice: Virna Lisi.
Nata ad Ancona nel 1936, nella sua lunga carriera Virna Pieralisi (questo il suo vero nome), ha recitato in tantissimi film e vinto sei Nastri d'argento, un David di Donatello alla carriera e un premio per la migliore interpretazione femminile a Cannes.
Era una delle icone del cinema italiano, una star come poche ce ne sono state, una delle donne più amate e ammirate di tutti i tempi.
 Negli anni ’50 mosse i suoi primi passi in numerosi film del genere strappalacrime, allora molto in voga,  come Luna nuova (1955) di Luigi Capuano, Lo scapolo di Antonio Pietrangeli (1955) con Alberto Sordi, e La donna del giorno, di Francesco Maselli (1956). Nel 1958 compare accanto a Totò e Peppino De Filippo nella commedia Totò, Peppino e le fanatiche. Nell’acme della sua carriera interpretò (come attrice e doppiatrice) diversi ruoli oltre che al cinema anche in televisione, lavorando con attori come Frank Sinatra, George Scott e Tony Curtis.


Negli ultimi mesi, dopo dodici anni di assenza, era tornata per l'ultima volta su un set cinematografico, recitando nella commedia di Cristina Comencini Latin Lover.
Virna Lisi era una delle interpreti più spontanee, la cui immedesimazione nel personaggio era resa magistralmente grazie alla sua formazione attoriale: il metodo stanislavskiano; negli ultimi anni il suo volto era associato alle fiction e ai ruoli televisivi, più che a quelli cinematografici, lavorando per la Rai e la Mediaset; per conto di quest’ultima, nei prossimi mesi, l’attrice avrebbe dovuto interpretare una fiction.
Con lei se ne va un altro pezzo di cinema, forse uno dei più belli, e ci si riferisce soprattutto all’epoca dei suoi esordi: gli anni ’50/60, un periodo di grande fermento per il cinema italiano, quello dei più grandi attori e registi, si pensi a Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Nino Manfredi.
Sarà ricordata dal suo pubblico come una delle più grandi icone di tutti i tempi, lasciando un certo vuoto nel mondo della settima arte e non solo.
                                                                                                         


                                                                                                                               Lavinia Alberti

lunedì 15 dicembre 2014

Magic in the Moonlight



Da poco più di una settimana è nelle sale il nuovo film di Woody Allen, che sin dalle prime inquadrature si presenta al pubblico come una commedia leggera e frizzante, nello stile tipico del regista di Manhattan.
Il film, ambientato nella Berlino degli anni ’30, racconta la storia di Long Soo (interpretato magistralmente da Colin Firth), un prestigiatore cinese che è in grado di far sparire gli elefanti; pochi sanno che egli cela l’identità di Stanley Crawford, un gentiluomo inglese con un’alta concezione di sé, razionale, sentenzioso e cinico, che non sopporta i falsi medium che si improvvisano maghi.
 Convinto da un amico, Stanley Crawford si reca a casa della famiglia Catledge, in Costa Azzurra, presentandosi come Stanley Taplinger, un uomo d’affari. Suo obiettivo sarà smascherare Sophie Baker (Emma Stone), presunta medium e veggente impegnata a circuire una ricchissima famiglia americana in vacanza sulla riviera francese.
Inizialmente il protagonista, anche se un po’ scettico, non può fare a meno di ammettere le doti della donna, basandosi sulle stupefacenti intuizioni di lei riguardo al passato del gentiluomo e della famiglia Catledge. Pian piano anche un uomo cinico e calcolatore come Stanley subisce il suo fascino, finendo per innamorarsene, anche dopo avere scoperto il suo inganno. Alla fine del film il protagonista non può fare a meno di ammettere che egli è come Sophie: entrambi infatti credono nell’illusione, in quel pizzico di magia che è presente nella vita di tutti noi.
Non è la prima volta che Allen affronta il tema della magia e dell’occulto; si pensi a film come Stardust Memories, New York Stories, Alice, Ombre e nebbia, La maledizione dello scorpione di giada, Scoop o ancora a Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni, tutti film che  rivelano anche un altro dei temi principali della poetica alleniana: la scelta.


Pur essendo una commedia apparentemente leggera e frivola, dalla sceneggiatura apparentemente banale, Allen in questo film è in grado di attirare l’attenzione anche dello spettatore più distratto; il messaggio del regista è infatti molto sottile: soltanto allontanandosi dalla razionalità, a volte noiosa e sterile e con un poco di magia e irrazionalità è possibile rendere la propria vita e quella altrui più interessante e imprevedibile.

Il film pone di fronte a una serie di domande e risposte che lo spettatore può o non può darsi; è un continuo montare e smontare conclusioni. Lo spettatore è avvolto dall’incertezza e dallo stupore. È un’opera di grande spessore e dai dialoghi illuminanti, un film per molti versi nuovo nel panorama della produzione di Woody Allen. È una commedia aperta a tante prospettive: può essere vista con l’occhio della diffidenza (inizialmente dal punto di vista di Stanley), o con il cuore aperto alla speranza.



                                                                                                           Lavinia Alberti