venerdì 22 gennaio 2016

La Corrispondenza: una riflessione tra eros e thanatos


Dopo La Migliore offerta, film sull’ambiguità di ciò che è e ciò che appare, nell’arte come nell’amore, e sull’ “ossessione” di un uomo per una donna, questa volta Tornatore ha scelto di portare sul grande schermo un film dal tema molto originale e per certi versi suggestivo.
 
L’opera (sulla scia dei precedenti filoni come Una pura formalità o La sconosciuta) nasce dall’adattamento cinematografico del suo omonimo romanzo e affronta due grandi temi, che se apparentemente possono sembrare distanti anni luce, sono in realtà più vicini di quanto non si pensi, due volti della stessa medaglia: l’amore e l’infinito delle galassie, la cui corrispondenza è sempre esistita e mai si dissolverà, in quanto l’una intrisa nell’altra.





Il film racconta la storia di Amy Ryan, una studentessa di astrofisica (il cui ruolo è magistralmente interpretato da Olga Kurylenko) ed Ed Phoerum, un professore di astrofisica sessantenne (interpretato da Jeremy Irons) le cui vite pian piano si intrecceranno in una profonda e simbiotica relazione amorosa, fatta di molte distanze (sms, chat e video) e poche presenze. La loro sarà una vera e propria corrispondenza, una fitta, intensa e commovente corrispondenza, il cui legame iniziato con degli incontri sporadici, proseguirà poi, al di là delle presenze fisiche e non verrà mai spezzato. Si tratta dunque di un’unione fatta di sentimenti, passioni, cultura condivisi, senza tempo e senza età”, priva di barriere e limiti, che solo i mortali vedono e percepiscono come tale. Una storia che si sviluppa con una gradualità il cui amore, da fisico diventa telematico e infine quasi “platonico”, tanto da proseguire oltre i confini del visibile.
La protagonista vede infatti continuare questa corrispondenza virtuale attraverso le tante missive che lui le fa pervenire anche dopo un evento decisivo, con l'aiuto di una serie di "complici" e del piano di consegne scadenzato del servizio postale.
 
Un film abbastanza lungo, com’è nello stile del regista bagherese; a tratti “ripetitivo”, il film propone sequenze più o meno accattivanti, ma nello stesso tempo è pieno di sorprese, coinvolgendo dall’inizio alla fine; esso è capace di commuovere senza però risultare stucchevole. Merito di questo coinvolgimento è senz’altro dovuto anche alla colonna sonora, affidata alla partitura del Maestro Ennio Morricone che, seppure in sordina, è capace ancora una volta di dare quel tocco di sinuosità alla pellicola.


Ciò che colpisce e rende sui generis l’opera dal punto di vista registico è proprio questa analogia tra il cosmo, o meglio l’astrofisica e gli esseri umani; infatti, così come le stelle che vediamo nel cielo, brillano più che mai e sembrano nel loro pieno fulgore nonostante siano già morte da milioni di anni, anche noi esseri umani dopo la morte continuiamo a brillare, proseguiamo il nostro viaggio, al di là della presenza fisica su questa Terra.
L’intento del regista con questo film sembra palese: quello di far riflettere tramite la lente della storia d’amore su un tema più grande: tutti su questo mondo abbiamo la nostra corrispondenza, il nostro personale legame con qualcuno; le nostre relazioni non finiscono con la morte della fisicità, del corpo, ma vanno oltre; rimane di noi qualcosa, una scia eterea, proprio come se fossimo stelle.

                                        

Lavinia Alberti

2 commenti:

  1. Bellissimo punto di vista, complimenti! E soprattutto grazie per avermi ridato il piacere di leggere una recensione senza la paura di un finale svelato.

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