Da poco più di una settimana è nelle
sale il nuovo film di Woody Allen, che sin dalle prime inquadrature si presenta
al pubblico come una commedia leggera e frizzante, nello stile tipico del
regista di Manhattan.
Il film, ambientato nella Berlino degli
anni ’30, racconta la storia di Long Soo (interpretato magistralmente da Colin
Firth), un prestigiatore cinese che è in grado di far sparire gli elefanti; pochi
sanno che egli cela l’identità di Stanley Crawford, un gentiluomo inglese con
un’alta concezione di sé, razionale, sentenzioso e cinico, che non sopporta i
falsi medium che si improvvisano maghi.
Convinto da un amico, Stanley Crawford si reca
a casa della famiglia Catledge, in Costa Azzurra, presentandosi come Stanley
Taplinger, un uomo d’affari. Suo obiettivo sarà smascherare Sophie Baker (Emma
Stone), presunta medium e veggente impegnata a circuire una ricchissima
famiglia americana in vacanza sulla riviera francese.
Inizialmente il protagonista, anche se
un po’ scettico, non può fare a meno di ammettere le doti della donna,
basandosi sulle stupefacenti intuizioni di lei riguardo al passato del
gentiluomo e della famiglia Catledge. Pian piano anche un uomo cinico e calcolatore
come Stanley subisce il suo fascino, finendo per innamorarsene, anche dopo
avere scoperto il suo inganno. Alla fine del film il protagonista non può fare
a meno di ammettere che egli è come Sophie: entrambi infatti credono
nell’illusione, in quel pizzico di magia che è presente nella vita di tutti
noi.
Non è la prima volta che Allen affronta il
tema della magia e dell’occulto; si pensi a film come Stardust Memories, New York Stories, Alice, Ombre e nebbia, La maledizione dello scorpione di giada,
Scoop o ancora a Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni, tutti film che rivelano anche un altro dei temi principali
della poetica alleniana: la scelta.
Pur essendo una commedia apparentemente
leggera e frivola, dalla sceneggiatura apparentemente banale, Allen in questo
film è in grado di attirare l’attenzione anche dello spettatore più distratto;
il messaggio del regista è infatti molto sottile: soltanto allontanandosi dalla
razionalità, a volte noiosa e sterile e con un poco di magia e irrazionalità è
possibile rendere la propria vita e quella altrui più interessante e
imprevedibile.
Il film pone di fronte
a una serie di domande e risposte che lo spettatore può o non può darsi; è un
continuo montare e smontare conclusioni. Lo spettatore è avvolto dall’incertezza
e dallo stupore. È un’opera di grande spessore e dai dialoghi illuminanti, un
film per molti versi nuovo nel panorama della produzione di Woody Allen. È una
commedia aperta a tante prospettive: può essere vista con l’occhio della
diffidenza (inizialmente dal punto di vista di Stanley), o con il cuore aperto
alla speranza.
Lavinia Alberti
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