mercoledì 25 maggio 2016

Fimmina -Trasfigurazioni





Come un gesto, un’azione compiuta può cambiare il corso della vita tanto da renderci prigionieri del passato?
E’ proprio a partire da questo quesito che prende le mosse Fimmina -Trasfigurazioni, uno spettacolo di drammaturgia contemporanea per la regia di Daniela Mangiacavallo, in scena il 26 - 27 Maggio (ore 21.00) al Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo.
Una rappresentazione tutta al femminile, come suggerisce lo stesso titolo dell’opera, le cui interpreti saranno l’attrice Fabiola Arculeo, Giuditta Jesu,
Isabella Avasnua Messina, Anna Maria Salerno, Giuseppina Vasslo e Bintu Badiane, che con la sua voce interpreterà le canzoni di Nina Simone allo scopo di denunciare i pregiudizi razziali presenti da secoli.
A fungere da cornice e dunque a conferire un valore aggiunto alla rappresentazione, saranno inoltre le musiche dal vivo di Maurizio Maiorana, i cui repertori saranno in linea con il tema esposto.
Lo spettacolo mette in scena la storia di sei donne che "tornano" a testimoniare la loro esperienza allo scopo di suscitare nello spettatore riflessioni sull’essere oggi donna; ripercorre le vite di archetipi femminili attraverso la realtà contemporanea.

Una drammaturgia ironica, che denunciando la frammentarietà dell’essere umano mostra personaggi i quali diventano portatori di diritti umani e di forti valori etici delle eroine proposte. Le attrici porteranno così in scena attraverso uno studio antropologico i più noti modelli femminili; Salomè, la tagliatrice di teste, la seduttrice fatale che tutto ottiene; Franca Viola che dice no alla “fuitina” e con il suo coraggio raggiunge la realizzazione di se stessa; Frida Kahlo emblema dell’inno alla vita e infine Medea, donna ribelle e passionale fino alle estreme conseguenze.
Il lavoro teatrale unirà così più linguaggi artistici: la musica e il canto dal vivo ma anche la pittura, la fotografia e la videoproiezione. Parte integrante dello spettacolo saranno infatti le fotografie di Francesca Lucisano che avranno l’obiettivo di mostrare al contempo l’essenza tragica e il coraggio di queste figure femminili, tutte accomunate - ognuna nel proprio periodo storico e mitologico – da una profonda coerenza.
A rendere particolarmente originale questa rappresentazione sarà infine il fatto che essa vedrà momenti di interazione col pubblico, permettendogli di “entrare” ancor di più nelle vicende di queste donne.
Lo spettacolo offrirà dunque una carrellata di personaggi femminili che hanno fatto la storia e alimentato i miti, una rassegna di forme di ribellione diverse ma convergenti tutte in un unico spazio visuale.

                                                                                                                                        Lavinia Alberti

giovedì 19 maggio 2016

Quel narcisismo digitale della nostra contemporaneità






L’ultima rappresentazione della Stagione Teatrale del Teatro Biondo di Palermo, Ognuno potrebbe, in scena dal 18 al 22 maggio nella Sala Strehler, merita senz’altro di essere visto, se non altro per la straordinaria attualità del tema.

Lo spettacolo di e con Michele Serra, è infatti un reading letterario tratto dall’omonimo libro del giornalista e autore televisivo, e racconta la storia di Giulio, un 36enne “fuori posto” e fuori tempo, un sociologo ricercatore con una fidanzata perennemente connessa. Egli non comprende molti comportamenti dei contemporanei, come per esempio l’esultanza dei calciatori dopo un goal o le priorità che la gente dà alle cose. Detesta il narcisismo digitale o meglio, come lo chiama lo stesso autore “l’egofonia”, che sembra averci allontanato sempre di più dalla vita reale; non si ritrova più nel tempo in cui vive, non ne riconosce i riti, le abitudini, gli schemi. Il protagonista aspetta che accada qualcosa, che ci sia un cambiamento, che si inverta la rotta delle priorità, che possa assomigliare a quelle di un tempo, quel tempo che rimpiange.

Soffre per lo spaesamento collettivo che rende irriconoscibili i luoghi (“non luoghi”) e distanti le persone. Vive con forte disagio la confusione tra il reale e il virtuale e proprio su questo è centrato Ognuno potrebbe: sul cortocircuito tra ciò che è vero e ciò che non lo è, tra ciò che è lontano e ciò che è vicino. E’ una storia di insofferenza e ribellione, di malessere e comicità, un ritratto tremendamente reale dei nostri tempi. Racconta l’Italia dei pendolari sballottolati qua e là alla ricerca di un posto di lavoro “a pochi chilometri da casa, lungo le strade che percorro da una vita”, proprio come accade a Giulio (alter ego di Serra).

E’ dunque uno spettacolo coinvolgente e ironico al contempo, che porta molti spettatori alla riflessione, che apre gli occhi su quello che siamo diventati (una società profondamente “egofona”, da cui l’etimologia della parola Iphone) e che diventeremo nell’era della digitalizzazione e della “confusione” dei rapporti umani. E’ lo stesso Serra d’altronde ad aprire lo spettacolo con ironia, entrando in scena con lo smartphone e dicendo al pubblico che sta semplicemente “dando un’occhiata alle mail e vedendo le varie attività in corso sui social”.


Alla lettura dei testi letti dallo stesso giornalista è affiancata l’esecuzione di alcune canzoni in stretta relazione col racconto, tratte principalmente dal repertorio dei cantautori italiani. Ad eseguirle, il duo acustico Tremo composto da Giuseppe Lopizzo (canto e chitarra) e Simone Bortolami (chitarra).

Ognuno potrebbe è insomma molte cose insieme: un racconto, una riflessione filosofica, una lente per guardare la realtà con lucidità e consapevolezza, ma soprattutto una rappresentazione che vuole sensibilizzare le nuove generazioni (di giovani e meno giovani) affinché esse non diventino degli “automi digitali”.
Perché come si può interpretare dallo stesso titolo ognuno può se vuole consapevolmente fare la differenza - in questo caos multimediale - ponendo in primo piano le presenze fisiche, le parole dirette, anziché quelle virtuali.



                                                                                                                             
                                                                                                           Lavinia Alberti

giovedì 12 maggio 2016

Peccato d’orgoglio e damnatio memoriae. Le compositrici ritrovate.




Un pregiudizio storicamente radicato ha fatto sì che l’essere donna costituisse un limite per la creatività femminile, negando la presenza di numerosissime compositrici per un tempo troppo lungo e a noi drammaticamente vicino. L’amore per la musica ha accompagnato l’esistenza di molte donne, ma moltissime hanno dovuto in passato lottare con fatica per affermare i loro diritti.
Così ancora oggi ci chiediamo perché le musiciste, e soprattutto le compositrici, siano così rare nella storia della musica. Si calcola che siano oltre 600 le donne italiane che si sono dedicate alla musica. Donne condannate a restare nascoste nella clausura dei monasteri e delle corti, costrette all’ombra e al silenzio dai padri, dai mariti e dai fratelli. Molte di esse (distinguendosi spesso e volentieri nel canto lirico) si esibivano nei salotti di corte e per una ristretta cerchia. Tra le più note possiamo citare Fanny Bartholdy (1805-47) che compì gli stessi studi del fratello Felix, e Clara Wieck Schumann (1819-96).
La prima molto ostacolata dalla famiglia e dal contesto sociale, in quanto donna dedita alla musica, riuscì a superare diversi ostacoli, grazie anche all’esempio della contemporanea Clara. La seconda occupò un posto altrettanto importante nella storia della musica al femminile. Compositrice, pianista e insegnante, nonostante i suoi problemi di salute (soffriva infatti di sindrome maniacale depressiva) riuscì come nel caso di Fanny ad “superare” in parte i pregiudizi classisti e a sostenere economicamente e moralmente la sua numerosa famiglia.
Molte altre storie di donne non tanto diverse da quelle appena citate si intrecciarono nei decenni a seguire. Notevoli esempi furono infatti quelli di Teresa Carreno, Corinne Letteur, Marie de Grandevalle, Augusta Holmès, Cecile Chaminade, Maria Giacchino Cusenza, i cui nomi resteranno indissolubilmente legati a una nobile lotta per la propria autoaffermazione.
E’ proprio a partire da questo connubio donne-musica che prenderà le mosse il reading-concerto Peccato d’orgoglio, che si svolgerà il 13 maggio a Palermo (Archivio storico di via Maqueda, ore 16:30). Attraverso una miscela di letture, musiche e voci recitanti, l’evento si propone di far rivivere quelle atmosfere e quelle emozioni di un tempo passato; lo spettatore potrà infatti alla luce dei temi esposti riflettere su cosa significava un tempo l’essere donna e cosa invece è oggi.

                                                            

Oggetto della serata saranno le partiture di Fanny Mendelsshon, Clara Schumann, Nannerl Mozart, Francesca Caccini, Teresa Carreno, Germaine Tailleferre, Cecile Chaminade, Maria Giacchino Cusenza.
Gli interpreti saranno Antonello Manco, Virginia Manco, Salvo Scinaldi, Micol Caronna, Rita Capodicasa, Claudia Raccuglia ed Emanuela Mousse (al pianoforte); Emmanuel Caronna e Gioel Caronna (al violino); Federica Faldetta e Marta Favarò (soprani). Alla musica si alternerà la voce recitante di Donatella Cerlito, che leggerà dei brani tratti da Peccati d’orgoglio di Enza Maria D'Angelo, sulle note dell'autrice stessa al pianoforte.
Oggi, a distanza di secoli da quelle discriminazioni, si vuole ancora ricordare che il talento musicale non è questione di genere, ma di ardore e di animosità. 





                                                                                                            Lavinia Alberti