sabato 1 luglio 2017

La musica nell’era della multimedialità: evoluzione o involuzione?


Oggi sulla rete sono sempre meno le produzioni musicali di qualità. Molti sono i videoclip “usa e getta”


Dal vinile alle musicassette e i compact disc, fino ad arrivare ai file sharing e alle piattaforme online, per approdare poi ai canali social.
Nel giro di pochi decenni ci sono passate sott’occhio tutte queste innovazioni tecnologiche. Adesso, al tempo dei social media, delle condivisioni in tempo reale, dello streaming e dei videoclip, i mezzi e le modalità di fruizione musicale sembrano avere subito un’evoluzione senza precedenti. Ma siamo certi che siano tutte rose e fiori?
Se da una parte infatti i canali come You Tube, Vimeo, Vid.me, Streamable hanno portato a una maggiore democratizzazione (nel senso che ognuno può rendere visibile su tali canali ciò che ritiene di valore artistico), dall’altra hanno fatto sì che chiunque possa divulgare contenuti multimediali facendoli passare per prodotti musicalmente di qualità.
Nella maggior parte dei casi si tratta infatti di offerte musicali proposte da uno Youtuber qualunque di moda sul momento, che non ha una solida preparazione musicale alle spalle. Il risultato è che allo stato attuale abbiamo molti videoclip musicali usa e getta, che non superano una stagione estiva (spesso e volentieri inoltre non c’è una diretta proporzionalità tra il numero di visualizzazioni raggiunte e la loro qualità).
Oggi sulla rete dunque sono sempre meno le produzioni multimediali di qualità; si riscontra infatti ancor più di qualche tempo fa una vera e propria overdose di brani di basso lignaggio, e forse è proprio la rete e il cattivo utilizzo di essa da parte degli utenti (anche tramite la condivisione sui social di contenuti musicali di dubbia qualità) ad aver agevolato questo processo.
Ad essere crollato nell’era della multimedialità e dei social è stato anche il tradizionale concetto di album (e il suo mercato, che forse nel giro di un decennio sarà destinato a scomparire) e con esso il rituale della “lentezza” della sua fruizione; ciò di fatto significa che oggi si sta perdendo progressivamente quella “sacralità” che un album procurava: il semplice fatto di acquistare un disco o un cd, di tenerlo in mano e di vedere incisa sulla copertina di esso l’immagine del proprio idolo era qualcosa di emozionante…che faceva trasparire tutta la carica evocativa del cantante.
Oggi tutto questo se c'è ancora, è in via di estinzione. Siamo così passati da un ascolto lento e intimo (slow music) a uno frenetico e privo del contesto e della giusta attenzione (fast music); dal possesso fisico della musica (il buon vecchio album e i dischi) a quello basato sull’accesso tramite una rete (Spotify, Apple Music e Deezer, con la possibilità di creare una playlist, che probabilmente sarà l’album del futuro).
In questo universo social e “liquido” - in cui domina la smaterializzazione dei supporti fisici - molti artisti oggi scelgono non a caso di realizzare sempre più singoli, fruibili ad esempio su You Tube, perché potenzialmente visibili a milioni di utenti.
Se da un lato sta accadendo questo, dall’altro lato però, forse perché si sta troppo “tirando la cinghia”, in questi ultimi anni si sta cominciando a vedere un ritorno al vinile…forse per nostalgia di un tempo (che per certi aspetti era migliore) o per moda.
Nell’era delle piattaforme multimediali e delle condivisioni in rete, insomma, l’artista, almeno per quel che riguarda il mondo della rete, sembra stia diventando oggi parte di una catena di montaggio, costretto a produrre (in parte) non sulla base di ciò che vorrebbe realizzare (ad esempio un album) ma sulla base del miglior mezzo per raggiungere il proprio target (con i singoli in streaming, appunto).

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